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Il femminismo al tempo della disruption

Il femminismo al tempo della disruption Il femminismo al tempo della disruption
A colpi di silenzio
autori: Armanda Guiducci
formato: Libro
prezzo:
€ 18,00
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Il mondo aiuta l'uomo a mille mani
ed un coro lo innalza dalla nascita
e tutt'unghie è la vita, tutto un prendere
ciò che a lui spetta
prima d'esser nato.
Diventare donna è un nascere per strappi
reiterati, per lacerazioni
là, ai margini,
dove l'erba dirada.

(A. Guiducci, A colpi di silenzio, Lanfranchi editore 1990; Il mondo aiuta l'uomo, pag. 151).

IL FEMMINISMO DEGLI ANNI '60:
Nancy Fraser nel saggio Fortune del femminismo (Ombre Corte 2014) sostiene che la prima ondata del femminismo di seconda generazione, quello degli anni sessanta, insieme ai movimenti di contestazione giovanile, cominciò a problematizzare il paternalismo del capitalismo social-democratico del dopoguerra, che pur aveva favorito una redistribuzione della ricchezza utilizzando strumenti di governo di tipo keynesiano, utili a contrastare le flessioni dell'economia e guidare lo sviluppo economico nazionale. Queste politiche di welfare avevano permesso di raggiungere la quasi piena occupazione maschile e in un certo senso inglobato e neutralizzato la lotta di classe.
I movimenti degli anni '60 tuttavia misero in discussione le caratteristiche fondamentali della modernità capitalistica: consumismo, controllo aziendale, controllo sociale e sessismo; ed in particolare i movimenti femministi svelarono il profondo androcentrismo della società capitalistica e della famiglia borghese e allargarono i confini della contestazione oltre la distribuzione socio-economica, includendo il lavoro domestico, la sessualità e la riproduzione.

IL FEMMINISMO DEGLI ANNI '80
: un decennio di governo conservatore in gran parte dell'Europa occidentale ed in Nord America, incoronato dalla caduta del comunismo ad est, ha ridato nuova vita alle ideologie del libero mercato, precedentemente date per morte. Salvato dalla pattumiera della storia, il neo-liberismo ha consentito un assalto prolungato all'idea di redistribuzione egualitaria. L'effetto, amplificato dall'accelerata globalizzazione, è stato quello di mettere in dubbio la legittimità dell'uso del potere pubblico per controllare le forze di mercato. In questo contesto i movimenti femministi "che in precedenza avevano assunto il welfare state come punto di partenza, cercando di estendere il suo ethos egualitario dalla classe al genere, si sono sentiti mancare la terra sotto i piedi". (Op. cit., pag. 13).
Non più in grado di radicalizzare i presupposti social-democratici il riconoscimento della differenza "è diventato la principale grammatica della rivendicazione femminista di fine secolo" (ibidem, pag.13). L'esito è stato un grande cambiamento nell'immaginario femminista: se la generazione precedente aveva cercato di intervenire sull'economia politica, questa si è focalizzata sulla trasformazione della cultura.
Luc Boltanski ed Éve Chiapello nella loro opera Le nouvel esprit du capitalisme (Gallimard, 1999) sostengono che, periodicamente, nei momenti di rottura, il capitalismo si rimodella recuperando ed inglobando le critiche nei suoi confronti. Nel caso del femminismo, la vecchia idea di salario familiare (solo il marito lavora e assicura il reddito, mentre la moglie si occupa di casa e figli) è stata sostituita con la più moderna norma della famiglia con marito e moglie percettori di reddito. Peccato che questa apertura etica all'indipendenza della donna nasconda, spesso, una realtà di salari schiacciati verso il basso, aumento di ore lavorate, minore sicurezza occupazionale, ecc.

GLI ANNI DUEMILA
: "Si dice spesso che il relativo successo del movimento femminista per trasformare la cultura è in netto contrasto con il suo relativo fallimento nel trasformare le istituzioni" (N. Fraiser Le fortune del femminismo, pag. 246). Da un lato gli ideali femministi dell'eguaglianza di genere, così conflittuali nei decenni precedenti, ora si collocano nel mainstream; dall'altro lato, devono ancora essere realizzati nella pratica.
Dotando la sua narrazione di un risvolto etico il nuovo femminismo attrae le donne di entrambe le estremità dello spettro sociale: dai quadri femminili che devono sfondare il ''soffitto di cristallo'', alle lavoratrici precarie, part-time, dei servizi a basso salario. Ma secondo N. Fraiser, lungo tutto questo spettro il sogno di emancipazione è imbrigliato nel motore di accumulazione capitalistica.
Per esempio Hilary Clinton, ha esemplificato la Fraiser in un'intervista a L'indice di questa estate: "Credo che sia una femminista, non condivido le accuse di chi sostiene che non sia una vera femminista; tuttavia lei incarna esattamente il modello di femminista neo-liberale" (L'indice dei libri del mese n. 6, pag. 7). In altre parole la Clinton, così come Sharyl Sandberg, direttrice operativa di Facebook e autrice di Lean in (Facciamoci avanti. Le donne, il lavoro e la voglia di riuscire. Mondadori, 2013) -libro che insegna ad emergere in un mondo aziendale ai cui vertici ci sono sempre uomini- secondo Fraiser sono: a) donne che riescono a concentrarsi sulla carriera anche perché possono pagare un esercito di donne che puliscono la loro casa, si prendono cura dei loro figli e dei loro genitori anziani; b) non mettono in discussione il modo maschile di gestire il potere, ma si adattano ad esso.

IL FUTURO
: oggi, secondo Fraser, le prospettive basate solo sul "riconoscimento" non sono più sufficienti. Nel contesto della crescente crisi capitalista, la critica dell'economia politica sta riconquistando la sua centralità nella teoria e nella pratica. In queste condizioni "una teoria femminista all'altezza delle sfide del presente deve ridare vita alle preoccupazioni 'economiche' a suo tempo espresse nel primo atto, senza però trascurare le intuizioni 'culturali' del secondo" (Le fortune del femminismo, pag. 14).

Io credo che ogni forma di femminismo, anche quella che sta nascendo faticosamente fra le Millenials, come ad esempio il tentativo rappresentato da Lenny la newsletter bisettimanale di Lena Dunham, autrice, produttrice e attrice, sia comunque interessante. Pensiamo in particolare alla fatica che stiamo attraversando nel ribadire le conquiste, anche solo culturali, nell'epoca della globalizzazione, della migrazione massiccia, del terrorismo a sfondo religioso. Potremmo fare mille esempi che toccano anche noi in Europa: dagli inquietanti fatti di Colonia, al burquini, ecc.
Questo naturalmente non ci deve esimere dal pensare in grande, come dice N. Fraiser, e puntare su una società caratterizzata da una buona vita per tutti. E come nei versi di A. Guiducci, nostra "madre" femminista:

Bisognerebbe
inventarsi
tutti daccapo
donna nella donna
uomo nell'uomo
perché fosse mutato corso
alle vene capillari
della sopraffazione.
 
(A. Guiducci, A colpi di silenzio, Lanfranchi editore 1990; Forse un giorno ci saranno maniere, pag. 147).

 


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