
Abbiamo spesso appaiato Virginia Woolf a Katherine Mansfield. Eppure “erano così diverse”, qualcuno ha commentato al nostro accostamento inconsueto.
Una snob, l’altra bohemienne.
Una dalla vita comoda, la casa in campagna, un luogo per appartarsi a scrivere, senza soverchi problemi economici; l’altra dalla vita randagia, senza un domicilio fisso, e dato che anche la rendita passata dal proprio padre era minima, K.M. era perennemente afflitta da problemi di sostentamento.
L’una con un marito affidabile, premuroso, protettivo; l’altra con un marito immaturo e in perenne fuga, incapace di sostenerla.
Una ritrosa sessualmente, l’altra appassionata.
Virginia, borghese, respinta e al tempo stesso attratta dalle gran dame come Lady Ottoline Morrell o Kitty Maxse (che secondo taluni ha ispirato il personaggio di Clarissa ne “La signora Dalloway”); Katherine invece non digeriva le differenze di classe, come è evidente da alcuni suoi racconti (Garden Party ed altri).
Eppure, erano affascinate l’una dall’altra, perché nonostante le differenze ciascuna sapeva comprendere la grandezza della scrittura dell’altra.
In entrambi i casi alla fine la malattia prevarrà, fisica o mentale, ma ciò non avrà impedito loro di vivere una vita emotivamente intensa, con un sentire non comune, punte di felicità totale e dolori acuminati, ma anche distacco e ironia verso le cose del mondo, e soprattutto la sensazione di creare la vita stessa tramite la scrittura.
Di Virginia Woolf, Lanfranchi editore ha pubblicato “Tracce del Passato”, un memoir scritto negli ultimi anni della sua vita. Di Katherine Mansfield sta per uscire “A me stessa” diari dal 1915 al 1922.
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