
Marcus Steinweg
Negli approfondimenti della prima parte avevamo analizzato: "Soggetto/Oggetto" e nella seconda parte: "Immagine/Realtà" .
MONDO CONOSCIUTO /SCONOSCIUTO
L’amore è una scommessa.
“La contingenza, la cecità e l’incommensurabilità costituiscono l’indefinitezza di un amore costretto a fare a meno di qualsiasi garanzia” (M. Steinweg, Aporie dell’amore, Lanfranchi editore, pag. 42).
Il soggetto si separa dalle proprie certezze per immergersi in “acque prive di fondali”.
Marguerite Duras, nel romanzo autobiografico L’amante, descrive l’incontro sul fiume Mekong con un giovane milionario cinese, come l’esperimento. Un tentativo di esserci, di essere in contatto con se stessi, la propria realtà profonda:
“Quando si lascia il corpo fare, cercare, trovare, prendere quel che vuole, tutto va bene, senza residui, i residui vengono occultati” (M. Duras, L’amante, Feltrinelli 1987, pag. 50).
Ed è come immergersi nel “mare, sconfinato, semplicemente incomparabile” (Ibidem, pag. 46).
Naturalmente questa esperienza può costituire solo un contatto momentaneo con il reale, un’illusione di esserlo o, meglio, un modo per far scordare di non esserlo: “Fatalità inesorabile, evento da attendere, caduco, aleatorio, imperfetto, sempre passeggero, culmine della curva che conduce dal vuoto al pieno, ma annuncia la discesa sull’altro versante che conduce ad un altro stato di inconsistenza” (Castelletti, Irisp 2009)
Il milionario cinese ha un desiderio struggente per la ragazza, ma d’altro canto non ha il coraggio di infrangere il divieto paterno di sposare “la piccola prostituta bianca”.
Lei sa che la madre: “…la ucciderebbe se sapesse la verità” (L’amante, pag. 52) e che l’esperimento l’ha fatta precipitare “…nel baratro che mia madre mi annuncia da sempre” (Ibidem, pag. 52).
Ma al tempo stesso è consapevole che “… è giunto ormai il momento in cui non può più sottrarsi agli obblighi che ha verso sé stessa” (Ibidem, pag. 46). E deplora le donne che, sia in Indocina che in Francia, non sanno ascoltare i propri desideri profondi, ma inseguono la conferma da parte degli altri. “Questo mancare delle donne a se stesse, sempre l’ho sentito come un errore” (Ibidem, pag. 27).
A sua volta, i progetti vagheggiati per il futuro, il desiderio di tornare in Francia per cominciare a scrivere, la inducono a credere di non amare il ragazzo veramente.
Al tempo stesso però, è stato proprio questo esperimento che le ha fatto maturare la scelta di tornare in Francia per scrivere. In particolare questa esperienza l’ha portata in contatto con sé stessa, le ha permesso di rompere con il “deserto” del passato, di superare la disapprovazione materna relativa a chi si deve amare, relativa al progetto di scrivere.
Sul piroscafo che la riporterà in patria si renderà conto che quello che ha vissuto era, è amore.
Ammetterà più tardi che “Sono ancora qui… sempre egualmente distante da questo mistero. Non ho mai scritto credendo di farlo, non ho mai amato credendo di amare” (L’amante, pag. 33).
Perché amando, ritiene Marcus Steinweg, non è che il soggetto neutralizzi la propria vacuità, ma piuttosto la mescola alla vacuità dell’Altro.
Ma al tempo stesso - mentre l’attitudine narcisistica porta ad un kitsch dei sentimenti, a quel “sentimento diffuso” che è accompagnato dalla sensazione di essere vittime di una forza superiore - la consapevolezza della propria vacuità rappresenta una chance per riflettere sulla propria condizione, diffidare delle realtà comunemente accettate, scommettere sull’impossibile, su uno scarto fra il continuum e la normalità (Aporie dell’amore, pag. 123).
L’incertezza, l’assenza di garanzie, però non significano tenere aperte tutte le opzioni, per poi passare al momento opportuno da una parte all’altra e viceversa.
Ma “la vacuità è forse ciò che conduce alla riflessione e al lavoro concettuale, ma in una maniera tale da aprire il soggetto alla sua inconsistenza, per affermarla come un appello alla responsabilità per i propri atti e per le proprie decisioni “(Aporie dell’amore, pag. 124).
La vacuità esige dal soggetto l’appropriazione della propria sventatezza per affermare l’amore come incontro di due soggetti che nella loro inconsistenza si toccano vicendevolmente.
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