Compito della critica è farsi visione. Insistere sul carattere visionario della parola critica significa, infatti, dare all’arte delle immagini – ben altra cosa dalla semplice produzione di immagini – un valore che va al di là tanto dell’intrattenimento culturale quanto della critica sociale. In fondo, significa considerare l’arte un’apertura su una dimensione ulteriore dell’umano, senza che questo reinvii necessariamente a una dimensione religiosa; significa aprire il mondo a se stesso e, quindi, alla sua alterità, a ciò che esso contiene di non ancora visibile, pur essendo già qui, presente, sotto i nostri occhi.
In una società che vorrebbe rendere visibile e sempre disponibile ogni istante dell'esistenza, in una sorta di perpetua rete di selfie e cartoline di un'umanità e di un mondo totalmente esposti, avere una visione significa comprendere che l'immagine conserva un lato oscuro, segreto, un punto cieco che rende colui che la guarda a sua volta cieco, non perfettamente vedente. Saper guardare, allora, significa anche saper riconoscere l'istante esatto in cui è necessario chiudere gli occhi, il momento in cui dobbiamo lasciare calare l'oscurità affinché l'immagine diventi immaginazione. E, così facendo, l'immagine si fa pensiero, parola, suono, mondo. Il mondo che era divenuto immagine, ora, grazie all'arte dell'immagine, torna ad essere mondo, in un ciclo senza fine, in un'apertura smisurata del cosmo a sé stesso.
Biografia dell'autore
Federico Ferrari
