Approfondimenti
Questa ricerca si articola su più fronti, allargando di conseguenza il concetto stesso di immagine, il suo statuto ontologico e la sua portata epocale. I confini disciplinari sembrano saltare: né critica né storia dell’arte, né sole arti visive né soppressione delle specificità di ogni singola immagine. L’immagine si espande oltre i propri limiti stabiliti, dalla scultura alla pittura, dalla fotografia al cinema. Ciò che appare, attraverso questi scritti, sono i rapporti che l’immagine instaura, oltre che con la vista, con la memoria, il corpo, la società e il concetto stesso di verità. L’immagine è sottratta agli angusti muri della vista, per divenire visione di ciò che è ancora ignoto.

Il miracolo è il divenire, il divenire è la cosa più semplice, insopprimibile, dell’esistenza.
Il miracolo è la possibilità che in ogni istante accada un cambio di direzione del mondo.

E’ l’ultimo approfondimento su “Aporie dell’amore” di Marcus Steinweg e, questa volta, ci concentriamo sull’aporia che potremmo definire come la difficoltà a lasciare un mondo conosciuto e, al tempo stesso, il bisogno di spingersi verso un mondo sconosciuto, ovvero una delle molteplici condizioni di incertezza dell’amore davanti a due opzioni di carattere opposto.

Proseguiamo gli approfondimenti di “Aporie dell’amore” di Marcus Steinweg prendendo in considerazione una delle molteplici “compresenze di opposti” che caratterizzano l’amore e che lo rendono aporetico, ovvero una condizione di incertezza: Immagine /Realtà.

L’amore è aporetico nel senso che si tratta di una condizione di incertezza e precarietà di fronte alla compresenza di elementi apparentemente opposti o contrastanti come: soggetto / oggetto; chiusura /apertura; immagine / realtà; mondo conosciuto / sconosciuto; possibile /impossibile.

Nei primissimi anni ’60 Luciano Bianciardi, agli albori del miracolo economico, aveva previsto che ogni nostra esperienza sarebbe stata permeata da una dimensione utilitaristica. Hakim Bey, sul finire degli anni ’70, proponeva di vivere le nostre esperienze senza la mediazione di media e deviceal fine di ridurre la sopracitata dimensione utilitaristica e la sensazione –profonda – di disumanizzazione. Perché, anche nell’era del web, il pensiero dei due autori è attualissimo.
