Il tuo browser non supporta JavaScript!
Vai al contenuto della pagina

L'immediatismo può rendere la vita meno agra?

L'immediatismo può rendere la vita meno agra? L'immediatismo può rendere la vita meno agra?
Immediatismo
autori: Hakim Bey
formato: Libro
prezzo:
€ 18,00
vai alla scheda »



Nei primissimi anni ’60 Luciano Bianciardi (foto a sinistra), agli albori del miracolo economico,
 aveva previsto che ogni nostra esperienza sarebbe stata permeata da una dimensione utilitaristica. Hakim Bey (foto a destra), sul finire degli anni ’70, proponeva di vivere le nostre esperienze senza la mediazione di media e device al fine di ridurre la sopracitata dimensione utilitaristica e la sensazione –profonda – di disumanizzazione. Perché, anche nell’era del web, il pensiero dei due autori è attualissimo.

Mentre cammino sui ciottoli di via Fiori Oscuri, a Brera, Milano, non posso fare a meno di pensare a lui, a Luciano Bianciardi, che calpestava questi stessi sassi, avendo trovato una stanza in condivisione da queste parti: “Soltanto la carreggiata di pietra liscia al centro e, per il resto, seIci tondi di fiume. Era una strada tranquilla, tutta nostra”.

Il protagonista de la Vita Agra (Rizzoli 1962, Feltrinelli 2013) - ma il romanzo è largamente autobiografico- emigra nel capoluogo lombardo alla fine degli anni ‘50 per dar corso ai suoi progetti anarchico-rivoluzionari, far saltare «il torracchione di vetro e cemento» - simbolo del potere – ovvero la sede di un’azienda mineraria responsabile della morte di decine di minatori a Ribolla, nel grossetano.

Ben presto però si vedrà costretto ad accantonare il progetto rivoluzionario - irrealizzabile dal punto di vista pratico e sconsigliato da chi ha cuore il miglioramento della condizione dei lavoratori - e ad immergersi, suo malgrado, nella vita pulsante del miracolo economico. Ma sebbene intorno a lui tutto palpiti, si evolva, cresca, il protagonista si sente spaesato, fuori posto, esaurito.

Colpisce la chiaroveggenza delle parole di Bianciardi, scritte nell’inverno ‘61-’62: “E’ aumentata la produzione, il reddito nazionale, l’occupazione, il numero delle auto in circolazione e degli elettrodomestici in funzione…l’età media, la statura media, la produttività media e la media oraria al giro d’Italia….”.

Ma lui, afferma, si oppone.

Perché se da un lato tale crescita non sarà mai sufficiente (“Faranno insorgere bisogni mai sentiti prima. Chi non ha l’automobile l’avrà, poi ne daremo due per famiglia, e poi una a testa…A tutti).

Dall’altro essa esige un caro prezzo (“Purché tutti lavorino, purché siano pronti a scarpinare, a fare polvere, a pestarsi i piedi, a tafanarsi l’un con l’altro dalla mattina alla sera”).

Altro che Dolce Vita, a cui amaramente fa riferimento il titolo dell’opera di Bianciardi.

Ma come ci dobbiamo sentire oggi, mi chiedo, mentre cammino sugli stessi ciottoli, masticando amaro come lui – che non solo abbiamo passato la vita a “tafanarci” fino a ridurci a zombi (senza contare che abbiamo distrutto l’ ambiente in cui viviamo) - ma per di più, il modello economico di cui sopra si è sgretolato, tutte quelle “medie” sono crollate e, nessuno, sa veramente quale strada prendere.

Penso ad Hakim Bey, l’autore di un manifesto denominato Immediatismo, che l’editore Lanfranchi ha pubblicato nel 2014 (traducendo interventi rilasciati alla radio alla fine degli anni ’70) , che in parte riprende gli stessi temi di Bianciardi e cerca, con una semplicità che a volte può sembrare disarmante, ma al tempo stesso ha qualcosa di illuminante, di suggerire una soluzione.

La soluzione non può essere solo politica. Non lo era nemmeno ai tempi di Bianciardi, che scriveva:Se si trattasse soltanto di aprire un vuoto politico, dirigenziale… Ma il guaio è dopo, perché in quel vuoto si ficcherebbero automaticamente altri specialisti della dirigenza”.

Analogamente Hakim Bey suggerisce: “Non abbiamo bisogno di istituzioni rivoluzionarie…. Se ora aderissimo a certi movimenti ‘rivoluzionari’… saremmo i primi a ‘tradirli’ qualora essi raggiungessero il potere”

Non possiamo nemmeno fare conto sulla “decrescita felice”. Il modello di “neo-cristianesimo disattivistico” che Bianciardi auspica nella Vita Agra, pur avendo una certa attrattiva, soprattutto oggi che il lavoro non c’è più (“Occorre che la gente impari a non farsi nascere bisogni nuovi e anzi a rinunziare a quelli che ha… ") aveva, ed ha, una scarsa probabilità di realizzazione. Egli stesso in fondo non ci credeva troppo, visto che per sopravvivere lavorava intensamente come traduttore free-lance.

Analogamente Hakim Bey , pur riconoscendo che “Spero che siamo abbastanza adulti per cogliere la differenza fra la ‘vita’ e l’accumulo di un mucchio di gadget”, ammette che: “Si, forse è vero che non possiamo vivere senza un lavoro”.

E’ interessante invece il concetto di dono presentato da entrambi.

Sebbene Bianciardi abbia insistito sulla denuncia della disumanizzazione, più che sulla possibilità del suo superamento, intravede un mondo ideale in cui: “Ciascuno sarà ben lieto di donare al prossimo ciò che ha e cioè…poco o niente. Ma ricchissimo sarà il dono quotidiano nella valutazione nostra, nuova”.

Analogamente Hakim Bey sostiene che Immediatismo “E’ una libera associazione di individui che si sono scelti, reciprocamente, come soggetti della generosità del gruppo”.

In altre parole, se riusciamo ad incontrarci, fisicamente, con un gruppo di amici, con cadenza regolare, per un qualsiasi progetto, fosse anche solo quello di mangiare insieme qualcosa che ci siamo preparati da noi, questo è già un progetto Immediatista.

Il gruppo Immediatista ha come obbiettivo precipuo “il superamento della separazione”.

Forse è proprio l’isolamento sostanziale che rende la vita “agra”.  Bianciardi scriveva: “Non trovi le persone, ma soltanto il loro spettro… Basta un mezzo anno (in città) perché si vuotino dentro... diventino gusci”.

In altre parole, il punto non è l’esperienza con gli altri, ma la qualità della stessa.

Perché Hakim Bey insiste tanto sull’incontro “fisico”? Perché ogni volta che lo scambio è mediato rischia di essere snaturato. Immediatismo significa cercare di rendere la nostra esperienza – in particolare l’esperienza dell’arte- il meno mediata possibile, perché la mediazione finisce per favorire la dimensione utilitaristica ed economica.

Per gli operatori culturali non significa cessare di svolgere l’altra “arte”, quella che si vende e che in genere è mediata da qualche mezzo, sia esso la stampa, il libro, il file musicale (la musica registrata), il teatro, l’università, la radio, la Tv e ora aggiungiamo anche internet. Anzi, il secondo tipo di arte, quella gratuita, in cui tutti gli spettatori sono anche partecipanti, potrebbe ‘impregnare’ anche la prima, quella più pubblica e più mediata.

Qualcuno potrebbe commentare che tali riflessioni sono state pensate prima dell’era del web, che ha dato la possibilità di esprimersi a strati più ampi di popolazione e di fruire gratuitamente di contenuti. Però anche internet, come tutti i mezzi:

  • dal punto di vista dell'espressione o ti lascia invisibile (Zygmunt Bauman 2015: "Tutti sanno  che la probabilità di diventare famosi attraverso un blog personale è di poco superiore alla probabilità che una palla di neve resista al caldo dell'inferno"); peraltro ad Hakim Bey  piace l'invisibilità, ma non nel senso del solipsismo attuale secondo cui, anche se i destinatari sono definiti "amici", sostanzialmente parliamo a noi stessi ("posto" dunque "sono"); ma nel senso di qualcosa che è circoscritto in quanto destinato ad un vero gruppo di amici, con i quali il rapporto è di scambio (e non di conferma)
  • ma anche nell'ipotesi remota che ci si riesca ad affermare, il mercato sarà pronto a quantificarci, mangiarci, digerirci e poi sputarci. Bianciardi pare fosse stupefatto perché invece di essere scacciato dai milanesi, per come li aveva descritti, ne fosse accolto a braccia aperte e, così, la forza della denuncia veniva disinnescata
  • dal punto di vista della fruizione, i contenuti di internet non sono davvero gratuiti, dato che lasciamo traccia dei nostri interessi e questo permette a chi fa pubblicità di mirare meglio.

L’Immediatismo può essere praticato da tutti e, forse, può rendere la vita meno agra.

 


Commenti dei lettori

  1. sergio mari scrive: il: 8 gen 2016, alle: 00 : 01 : 51
    E' un libro assolutamente da prendere. Bello nel pensiero.

Inserisci un commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati con un asterisco*

Inserire il codice per il download.

Inserire il codice per attivare il servizio.